L’invisibile sicurezza del pack

Il “buon packaging” salva non solo il prodotto ma anche il feeling con i consumatori.
Abbiamo più volte parlato degli elementi “immateriali” che compongono una confezione, riferendoci in particolare alla comunicazione del brand, al prodotto che veicola messaggi culturali… Ora, anche quando si parla di sicurezza non si può fare a meno di notare che oltre alle qualità chimico/fisiche dei prodotti, il “buon packaging” viene progettato per tutelare alcuni elementi incorporei o invisibili, come gli odori, i sapori, i colori, l’aspetto generale del prodotto e addirittura il feeling che lo lega ad ogni suo consumatore.
Gli odori, per esempio, possono essere una caratteristica piacevole se parliamo di profumi, ma nel caso di aromi forti e penetranti – quelli che drammaticamente tendono all’invasione dell’ambiente circostante – le cose cambiano notevolmente.
Ne sa qualcosa il produttore del Roquefort Société, formaggio dal caratteristico aroma, che divide nettamente amatori e detrattori.
Gli opposti schieramenti possono condividere pacificamente e temporaneamente, a tavola, la presenza del formaggio, ma se l’involucro non è ben sigillato e viene lasciato in frigorifero, l’odore del formaggio invade e pervade minuziosamente ogni altro alimento presente. Va dunque riconosciuto un grande merito alla confezione del Roquefort Société che, con il doppio contenitore e un cuscinetto di materiale espanso, permette di ottenere una chiusura pressoché ermetica del packaging.
Quando gusto e aromi sono invece oggetto di una vera e propria venerazione, come nel caso dei sigari, evitare che questi perdano d’intensità e qualità diventa, nei confronti del consumatore, una sorta di dovere morale. La confezione singola in alluminio con tappo a vite, utilizzata da alcune marche, insieme al classico impacchettamento con film plastico, ha forse il difetto di rendere invisibile il prodotto, ma protegge il sigaro dalla luce e dalla fuga dell’aroma e perciò dovrebbe garantire una certezza di qualità al consumatore appassionato. Usiamo volutamente il verbo al condizionale perché in realtà, una volta giunto integro a destinazione, il sigaro dovrà affrontare, come tutti gli altri prodotti, il duro confronto con il mondo reale, in particolare dovrà vedersela con le papille del fumatore e con il fatto che i sapori vengano percepiti in modo diverso da ogni individuo… insomma è praticamente impossibile garantire che i sigari abbiano un gusto unico e certamente uguale per tutti.
Il packaging si fa falsamente discreto e silenzioso, al limite della mimetizzazione, quando bisogna invece assicurare l’estetica del prodotto, una caratteristica particolarmente cara al mercato giapponese. Le gomme da masticare Colorful-ru, per esempio, portano scritto nel proprio nome la loro caratteristica principale, la priorità assoluta da rispettare. In questo caso ciò che l’azienda vende non è un nuovo gusto fruttato o la minor quantità di zucchero e calorie, quanto piuttosto un’esperienza cromatica. Il valore principale da salvaguardare è perciò la disposizione delle gomme, con colori selezionati e organizzati in una sfumatura che degrada dal beige chiaro fino al vinaccia scuro. Vale perciò la pena di correre il rischio dell’over-packaging, per garantire una posizione stabile delle gomme. Così, oltre a una bustina esterna, inevitabilmente trasparente, la confezione include una minuscola rastrelliera di plastica che costringe le gomme ad una posizione inclinata e ordinata, che tale resterà dal momento del confezionamento fino alla completa consumazione.
Nel settore dei farmaci, la sicurezza del prodotto dal punto di vista fisico-chimico è, naturalmente, una condizione ineliminabile. Da molti anni ormai anche le modalità d’assunzione sono in un certo senso delegate al packaging, si pensi, tra gli esempi più antichi, al classico contagocce in vetro. Se però vogliamo parlare di quella sicurezza invisibile e immateriale, che ha a che fare con la psicologia del consumatore e con il suo feeling verso il prodotto, non devono stupire le critiche avanzate dalle donne proprio nei confronti di un particolare tipo di packaging. È accaduto per alcune pillole anticoncezionali le cui confezioni, pur garantendo perfettamente il prodotto, avevano eliminato l’uso del calendario che aiutava a ricordare di assumere regolarmente il farmaco.
Anche se ogni donna è consapevole che certe garanzie, come la memoria, sono impalpabili e aleatorie (tant’è che tutte le consumatrici, almeno per una volta, hanno dimenticato di assumere la pillola quotidiana) persino le consumatrici più giovani, quindi non legate ad uso tradizionale del prodotto, hanno duramente criticato l’operazione, tacciandola di terrorismo psicologico: la loro sicurezza mentale era stata evidentemente compromessa. In conclusione, forse solamente il settore del prodotto per l’infanzia può permettersi di giocare con la percezione di sicurezza. La caramella gigante che si camuffa da arma spaziale nasce infatti come prodotto-dolcezza, per diventare poi, attraverso il suo packaging, un’arma d’offesa/difesa. È un falso, naturalmente, eppure, grazie all’ambiguo connubio tra violenza e dolcezza, i giovani consumatori inizieranno a prendere dimestichezza con la volatilità dei sentimenti e con l’assenza di certezze nel mondo reale. Quest’arma zuccherina può dare al tempo stesso la sensazione di forza e bontà, trasformando ogni bambino in un novello Robin Hood. E come il famoso personaggio ogni bimbo, spalmando un po’ di “dolce” sul viso del compagno di banco, potrà attraversare agilmente quel sottile confine che separa l’ingenua crudeltà dall’estrema bontà. Ora, il settore dei giochi è guidato da regole davvero molto speciali, ma per tutti gli altri prodotti resta solo un dubbio: il packaging è davvero solo un contenitore senza altra responsabilità che la protezione delle merci?

Maria Gallo designer, coordinatore del master
in Packaging design 2006 presso l’Istituto Europeo
di Design (Milano).

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